Onorevoli Colleghi! - L'armistizio dell'8 settembre 1943 segnò la vicenda umana di circa 650.000 italiani, in maggioranza soldati e ufficiali, ma in alcuni casi anche civili, che furono deportati in Germania, internati nei lager nazisti o in territori controllati dal Terzo Reich, con lo scopo di prestare lavoro coatto destinato a servire l'economia bellica e interna. Da allora e fino all'8 maggio 1945 queste persone, indicate impropriamente come «internati militari italiani (IMI)» (per la Convenzione di Ginevra del 1929 lo sono esclusivamente quei militari stranieri che entrano in uno Stato non belligerante), furono costrette a subire trattamenti inumani,

 

Pag. 2

violenze fisiche e morali, fame e malattie, e in generale condizioni di vita tanto terribili da condurne 50.000 alla morte. Il Terzo Reich non riconobbe mai lo status di prigionieri di guerra degli «internati militari italiani» e, aggirando i trattati internazionali, li classificò ad un certo punto (agosto 1944) come «lavoratori civili volontari/obbligati», coniando una categoria anch'essa ignota alla Convenzione di Ginevra del 1929, che non dissimulava certo la pesante realtà di schiavizzazione a cui essi erano stati destinati da Hitler.
      La nuova Germania ha, a questo proposito, compiuto due operazioni che vanno nella direzione della ricerca della verità, ma che, per quanto concerne il diritto ad avere giustizia da parte degli ex IMI, ha prodotto un'intima contraddizione: infatti, se con una legge nell'agosto 2000 la Germania ha istituito la fondazione «Memoria, responsabilità e futuro», il cui programma di indennizzi avrebbe dovuto risarcire quanti erano stati deportati in Germania dai nazisti, escludendo dagli stessi i prigionieri di guerra, d'altro canto riconobbe tardivamente lo status di prigionieri di guerra degli IMI, privandoli, tuttavia, della possibilità di essere anche risarciti per effetto della precedente legge.
      Circa 80.000 domande - pervenute all'Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) che deve gestire le domande di indennizzo per il Governo tedesco - provenienti da questa categoria di persone sono state così respinte.
      A questo punto, pur consapevoli che sofferenze e umiliazioni tanto pesanti non sono risarcibili, se non in misura sempre simbolica, soprattutto ove si pensi ai tanti che non riuscirono a sopravvivere all'inferno di quella condizione di schiavitù e al tempo trascorso, pure risulta necessario che il nostro Paese sancisca il sacrificio di queste persone, travolte nella loro vita e nella loro dignità per oltre venti mesi, dando loro innanzitutto un doveroso riconoscimento. È quanto si propone di fare la presente proposta di legge che si sottopone all'attenzione del Parlamento.
 

Pag. 3